L’Europa arma le sue infrastrutture civili: logistica e trasporti diventano militari




2025-07-17

Quando si parla di “riarmo” europeo, non si intende solo l’acquisto di armi, ma anche l’adeguamento delle infrastrutture civili a un uso duale, cioè sia civile che militare. Questo processo è già in corso, soprattutto nel nord e nell’est Europa, e avviene in modo sistematico grazie al programma comunitario Connecting Europe Facility (CEF), che ha già destinato 1,75 miliardi di euro alla mobilità militare, con l’obiettivo di arrivare a 75 miliardi entro il 2030. Tra i Paesi più attivi figurano Paesi Bassi, Germania e Polonia.

La Commissione Europea ha individuato oltre 500 punti infrastrutturali critici da potenziare, tra cui porti, aeroporti, ponti, ferrovie e tunnel, per permettere il rapido spostamento di mezzi e attrezzature militari pesanti. Questo rientra nel Piano d’Azione sulla Mobilità Militare 2.0, varato nel 2022 e aggiornamento di un primo piano del 2018, accelerato dalla guerra in Ucraina. Il piano prevede: l’adeguamento delle infrastrutture (con particolare attenzione ai corridoi Ten-T), la semplificazione normativa tramite digitalizzazione delle dogane, il rafforzamento della resilienza contro minacce ibride e climatiche, e una maggiore connettività tra i Paesi UE.

Sul piano marittimo, il CEF ha stanziato 145 milioni di euro. Il porto centrale della strategia è Rotterdam, considerato uno snodo NATO chiave per il fianco orientale. Qui si stanno realizzando banchine dedicate alle navi militari, adattamenti ai terminal container per gestire munizioni in sicurezza e un coordinamento stretto con il porto di Anversa, insieme a esercitazioni anfibie regolari. Il CEO del porto di Rotterdam, Boudewijn Simons, ha confermato che lo scalo ospiterà navi militari fino a 4–5 volte l’anno, con logistica adatta a stoccaggi militari (come forniture mediche, materiali critici, cibo, acqua).

Altri porti coinvolti sono Amburgo, con 1,1 miliardi di euro per l’ampliamento di terminal e bacini di manovra (fino a 600 metri), sede anche delle esercitazioni Red Storm Alpha; e Gdynia in Polonia, destinato a diventare il gateway militare del Baltico, con operazioni duali già effettuate e l’uso di droni per la sicurezza e la gestione del traffico. Anche i porti di Vlissingen, Eemshaven, Swinoujscie e ancora Anversa svolgono ruoli chiave nell'infrastruttura militare europea.

Una parte consistente degli investimenti riguarda la rete ferroviaria: il 50% dei fondi CEF (circa 874 milioni di euro) è destinato al potenziamento dei collegamenti su rotaia. I Paesi Bassi hanno ampliato la flotta di carri ferroviari militari (+20%), mentre la Germania sta investendo massicciamente nella rete interna per supportare il transito verso il fronte est. Seguono 548 milioni per strade (31%), 164 milioni per infrastrutture aeree (10%) e 16 milioni per vie navigabili interne (1%).

Anche l’Italia si sta muovendo in questa direzione. Attraverso il CEF Military Mobility riceverà 29 milioni di euro per migliorare il collegamento ferroviario con il porto di Genova Sampierdarena. Inoltre, RFI e Leonardo hanno firmato un accordo per creare una piattaforma digitale integrata, basata su intelligenza artificiale e supercalcolo (Davinci-1), capace di gestire spostamenti militari su larga scala e con breve preavviso.

Nel contesto nazionale, è stato presentato un emendamento al Decreto Infrastrutture per classificare come strategiche (e quindi potenzialmente finanziabili) opere come il ponte sullo Stretto di Messina e la nuova diga di Genova. Tuttavia, la classificazione finale dipenderà dalla NATO, che ha competenza nel riconoscere un’infrastruttura come “strategica”.

Accanto ai fondi UE, la NATO contribuisce con il Security Investment Programme (NSIP), che prevede 4,6 miliardi di euro, di cui 2,4 miliardi nel 2024 per strutture marittime, 300 milioni per la baia di Souda (Grecia), 550 milioni per il rifornimento navale e 190 milioni per la base spagnola di Rota.

Tuttavia, l’espansione dell’uso duale comporta rischi: in caso di conflitto, queste infrastrutture potrebbero diventare bersagli militari, spesso situati in aree urbane. Anche in tempo di pace si verificano problematiche come interferenze operative, esercitazioni che bloccano il traffico civile o investimenti pubblici non giustificati da un ritorno commerciale. C’è anche il timore che i porti coinvolti nelle funzioni militari diventino meno competitivi rispetto a quelli interamente commerciali.

Fonte: TrasportoEuropa – “I porti europei si preparano alla guerra”